La primavera, l' estate, l' autunno e l'inverno del contadino


E' la prima stagione dell'anno, come risulta anche dal nome "primo vere" ("Primo Vere" significa "primavera". In latino la parola "ver" significa di per sé "primavera". Quindi, "Primo vere"  significa l'inizio della primavera), ed e compresa tra il 21 marzo (equinozio di primavera) e il 21 giugno (solstizio d'estate). In questa stagione la natura e la vita riprendono tutta la loro magnificenza, dopo il letargo invernale. Tutta la campagna verdeggia e fiorisce, mentre iniziano i parti degli animali e gli uccelli depongono le uova, le covano e fanno nascere i pulcini.


Nella domenica dopo la luna nuova di primavera, cade la Pasqua. Un tempo veniva  festeggiata mangiando le prime uova e poi agnelli e capretti: cibi finalmente ricchi e sostanziosi dopo il lungo e povero periodo invernale.


La vita in campagna era tutta dedicata alla cura dei campi e alle semine primaverili. Nell'orto si potevano raccogliere le primizie, ma bisognava soprattutto seminare i nuovi ortaggi. Una cura particolare era data agli alberi da frutto, con le opportune potature.


Nella stalla ci si dedicava alla cura degli animali che partorivano e all'allevamento dei neonati. Iniziava anche la produzione del latte e quella del formaggio, burro e ricotta. Anche le arnie riprendevano l'attività.


Da aestus, "calore", è la stagione più calda, che dal 21 giugno (solstizio d'estate), arriva al 23 settembre (equinozio d'autunno).

E sempre stata la stagione dei raccolti dei campi, soprattutto del frumento e di altre graminacee estate di (orzo, segale, farro), ma e anche il periodo magico di raccolta della frutta. Ogni mese ha la sua frutta: ciliege, albicocche e pesche, susine e prugne, poi pere e mele e, verso la fine della stagione, i primi grappoli d'uva. Nell'orto si sviluppano e si raccolgono molte verdure e legumi.


L'abbondanza e la varietà dei raccolti obbligava un tempo alle operazioni di conservazione. Il grano andava raccolto al punto giusto, soprattutto ben essiccato, i chicchi erano separati dalla paglia con la battitura e il raccolto si conservava nel granaio al riparo dai predatori. La frutta dell'orto era trasformata in marmellate e il pomodoro in conserva. Un tempo si raccoglievano anche piante tessili come canapa e lino, e si procedeva alla lavorazione per ottenere matasse di filo da tessere.


Il latte era conservato attraverso la trasformazione in formaggi, mentre gli ultimi sottoprodotti della lavorazione, come il siero o il latticello, erano destinati all'alimentazione dei maiali. Le uova prodotte dalle galline, quando il numero dei pulcini era sufficiente, venivano conservate con l'impermeabilizzazione del guscio, che si faceva con acqua di calce, olio, cenere, ecc. In estate, si procedeva a un primo raccolto del miele. Nelle acque dolci, si pescavano pesce e gamberi.


Dal 23 settembre (equinozio d'autunno) al 22 dicembre (solstizio d'inverno), è la stagione nella quale, gradualmente, si passa dal fervore primaverile ed estivo, alla calma invernale. Non per questo si tratta di una stagione ferma, tutt'altro.


Nelle vigne, era in pieno svolgimento la raccolta dell'uva che, nella cantina, veniva trasformata in vino, con operazioni che si prolungavano fino alla spillatura del vino nuovo verso la fine della stagione (primi giorni di novembre o, tradizionalmente, per San Martino). Continuava anche in  autunno la raccolta di alcuni frutti, come le noci, e si lavorava l'ultimo latte della stagione.


Le tiepide giornate autunnali permettevano buoni raccolti nell'orto e dell'ultima frutta della stagione.


Importanti erano i lavori nel bosco, con la raccolta dei suoi preziosi frutti: castagne in montagna, ma soprattutto funghi e tartufi, per non dimenticare mirtilli, lamponi e altre bacche. Altrettanto importante era la raccolta della legna, necessaria per il riscaldamento invernale sia in campagna, sia in città.


Nel bosco, sui terreni incolti o in quelli che dopo il raccolto iniziavano il riposo, in autunno si cacciavano gli animali stanziali o i migratori. La selvaggina era differente a seconda delle zone e la stagione di caccia al massimo  andava da Ferragosto  (15 agosto) alle feste per la Commemorazione dei Defunti (2 novembre). Per la selvaggina migratoria (ad esempio la quaglia), l'inizio della stagione di caccia corrispondeva invece, alla primavera avanzata. Va osservato che la continua espansione dei terreni coltivati a scapito dei boschi ha provocato, col tempo una progressiva riduzione dell'habitat di varie specie animali che, nel passato, costituivano un'importante risorsa alimentare (come le lepri, le starne, i fagiani, i cervi, i cinghiali) e questo processo e proseguito fino ad alcuni decenni fa, quando l'abbandono delle campagne ha, invece, favorito un nuovo sviluppo dei boschi e la ricomparsa, anche vicino ai luoghi abitati, di varie specie animali (come le volpi e i cinghiali).


La stalla, un tempo, in questa stagione forniva la forza motrice per i pesanti lavori d'aratura, compiuta soprattutto dai buoi aiutati dalle mucche più forti che avevano cessato la produzione di latte.


 I maiali, che erano cresciuti usando anche i prodotti del caseificio, erano pronti per l'ingrasso finale con le farine.


L'aratura dei campi veniva completata dalle prime semine e il miele autunnale era ricercato come una golosità.


Dal 21 dicembre (solstizio d'inverno) al 21 di marzo (equinozio di primavera) l'inverno era una stagione tranquilla. La vita nei campi sembrava attenuarsi, ma si lavorava attorno alle piante più delicate per proteggerle dal gelo con la paglia e vicino alle arnie per prepararle ai rigori invernali.


Nell'inverno ferveva l'attività in casa per tenere il fuoco acceso e nel periodo più freddo, dalla seconda metà di dicembre alla prima metà di gennaio. Si lavoravano le  carni del maiale durante la luna calante, secondo la tradizione. C'era lavoro anche in cantina per curare il vino nuovo o per mantenere sano quello vecchio.


Nelle belle giornate invernali non mancavano i lavori di potatura nei campi, ma in più, si cercava di andare anche a pesca, soprattutto verso la fine dell'inverno, in periodo di Quaresima. Era un periodo molto critico: se l'inverno era stato rigido e se non abbondavano le scorte, il rischio della fame non era lontano. Le regole religiose, che invitano i cristiani alla sobrietà, si pensa siano state poste proprio per impedire che in questo periodo, vinti dalla fame, i contadini mangiassero gli animali, da conservare per il risveglio della primavera. La regola diceva, infatti, che non si potevano mangiare gli animali dell'arca di Noè. Rimanevano fuori, cioè, tutti gli animali acquatici che si potevano cacciare senza compromettere il futuro. In città, dove ovviamente non era possibile pescare, si mangiavano i pesci conservati sotto sale (baccalà) o con l'essiccamento al fumo (stoccafisso).


Nelle lunghe sere d'inverno, spesso la famiglia dei contadini si spostava nella stalla dove, seduti sulla paglia, si raccontavano storie, leggende e filastrocche. Le donne lavoravano la calza o cucivano e quando perdevano un ago era davvero un "cercare l'ago nel pagliaio".

 

E ritrovare l'ago era davvero importante, perche se veniva mangiato con il fieno o con la paglia da una mucca, poteva ledere internamente la bestia e colpirla anche al cuore, con un effetto ben noto ai contadini.

Bandiere e stemmi della Toscana dall’avvento dei Medici in poi