Lavoro nei campi

I miei genitori e i miei nonni paterni hanno lavorato sempre la terra.


I miei nonni non erano i proprietari terrieri: i padroni non  lavoravano i campi, curavano le pubbliche relazioni.  Le signore dei padroni stavano a casa a gestire chi lavorava e controllare le entrate. I contadini invece lavoravano e coltivavano i terreni, mietevano il grano, raccoglievano le ulive, potavano i vigneti, gli alberi da frutta, vendemmiavano.


Anche tra i contadini vi era una gerarchia. Tutti lavoravano duro, sudavano sotto il sol leone di agosto,  si alzavano all’alba e rientravano dopo il tramonto, cantavano per far trascorrere più velocemente il tempo, e si ammalavano sotto la pioggia, il vento e la neve. Tra di loro vi erano alcuni che oltre a lavorare come tutti gli altri dovevano anche rendere conto ai padroni: erano quelli più fidati, quelli con un forte senso di responsabilità e lealtà ... i fattori, i custodi della fattoria cioè dei beni del padrone.


Storicamente, il lavoro del contadino è sempre stato faticoso, ed è sempre stato necessario avere una buona resistenza alla fatica e una buona capacità di adattamento a ritmi diversi dai propri, dettati dalla natura: è madre natura infatti che decide quando bisogna alzarsi la mattina e andare a dormire la sera, ed è sempre lei a decidere quando è il periodo giusto per fare determinati lavori nei campi.

 

Oggi, il duro lavoro nei campi è rimasto più o meno invariato, anche se l'ingegno e il suggerimento del contadino ha introdotto invenzione di metodi per arrivare a dei compromessi con la natura, come le serre o i sistemi di irrigazione.


Le continue gravidanze sollecitate dall’alta mortalità infantile, le cure domestiche, i lavori dei campi e le altre incombenze, come l’assistenza agli ammalati e agli anziani, tutti membri della famiglia patriarcale contadina al cui interno si consumava l’intera esistenza, precludevano alle donne ogni spazio di intimità, qualsiasi aspirazione di emancipazione dall’angusto sistema chiuso in cui erano obbligate. Incommensurabili sono stati i sacrifici delle donne vissute fino al tramonto della nostra civiltà contadina, sopportati nel silenzio e nella dedizione agli altri e oggi quasi del tutto dimenticati.


Da allora le donne hanno recuperato molta strada, a cominciare dal diritto di voto attivo e passivo conquistato nel 1946, anche se la parità fra i sessi è ben lungi dall’essere raggiunta. Il resto è storia dei nostri tempi. Oggi fa un certo effetto vedere nelle nostre strade, accanto alle nostre donne largamente emancipate, quelle musulmane nelle loro vesti che lasciano scoperto solo l’ovale del viso in ossequio degli immutabili precetti coranici che sanciscono anche la loro sottomissione ai mariti.

Così è stato trasmesso dal Profeta per non esporle alle tentazioni esterne, dando per scontata una congenita fragilità femminile. Prima di giudicare credenze e usanze che per la nostra cultura ci appaiono arcaiche, bisognerebbe riflettere sul nostro passato, sui tanti pregiudizi e sulle limitazioni di ordine religioso di cui sono state oggetto le donne. In quanto alle debolezze femminili, si sente ancora raccontare nei nostri paesi che diversi mariti in procinto di partire o in licenza durante la Seconda Guerra Mondiale, mettevano incinta la moglie per essere sicuri di non essere traditi.


Lavorare nei campi equivale a fatica.

Bandiere e stemmi della Toscana dall’avvento dei Medici in poi